“Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole caninamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.
Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
e ’l ventre largo, e unghiate le mani;
graffia li spirti ed iscoia ed isquatra.”
“Inferno”, canto VI, vv. 13 – 18
Nel canto VI dell’Inferno, Dante descrive la punizione delle anime macchiate dal peccato di gola, tormentate da Cerbero, mostro mitologico che simboleggia l’ingordigia.
In questo terzo cerchio, una pioggia incessante, fredda e mista a fango e neve, rende l’atmosfera opprimente. I dannati giacciono nel fango, mentre Cerbero li sovrasta con le sue tre fauci, latrando orribilmente e graffiandoli con le sue zampe artigliate. Le anime gridano come cani, cercando invano di ripararsi dalla pioggia, a rappresentazione di una vita vissuta nel cedimento ai piaceri della gola.
Il cibo, quindi, assume qui un significato negativo, simbolo di peccato e di sfarzo eccessivo.
Tuttavia, nella cultura italiana il cibo non è solo peccato, ma rappresenta anche identità, memoria e tradizione.
Questo è il tema centrale del nostro libro “Cibando Alighieri Dante” di Federico Libero Valicenti, a cura di Gianfranco Blasi, che esplora il legame tra Dante e la tradizione gastronomica.
Lo chef lucano, noto per il suo approccio filosofico alla cucina, propone un viaggio tra antiche ricette e racconti storici legati a personaggi e luoghi danteschi.
Le terzine della Divina Commedia si intrecciano con proposte culinarie ispirate agli episodi della vita del poeta, come il timballo di Bonifacio o l’arista ecumenica, ricette che riflettono la cultura e i costumi delle corti visitate da Dante.
Valicenti rievoca anche il “Fiore“, poemetto attribuito a Dante, che discute di cibo, nonché il “Convivio“, in cui l’attenzione al cibo diventa metafora di conoscenza. L’episodio di Ciacco, il goloso, viene reinterpretato attraverso ricette come il sanguinaccio e il prosciutto in crosta, offrendo così un originale connubio tra letteratura e gastronomia.
Il libro non è solo un tributo al Sommo Poeta nel contesto dei 700 anni dalla sua morte, ma rappresenta anche un invito a riflettere sul cibo come elemento di cultura, tradizione e memoria.
In occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, celebrata ogni anno il 16 ottobre, questo testo diventa particolarmente significativo. Come Dante ci invita a prendere coscienza delle nostre passioni e dei nostri eccessi, così Valicenti ci spinge a ripensare il nostro rapporto con il cibo. Non solo come nutrimento, ma come cultura e rispetto per le tradizioni, valorizzando la tavola come luogo di incontro e condivisione. Il cibo diventa così un simbolo di dialogo e di memoria collettiva, fondamentale per il benessere delle persone e delle comunità.
Per il suo impegno nella valorizzazione della cucina lucana e della cultura alimentare, Federico Valicenti è stato insignito del Premio Giornalistico Nazionale “Il Pontile” a Trebisacce, il 2 settembre 2024. Un riconoscimento che sottolinea il valore del cibo come patrimonio culturale, esattamente come fa la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, promuovendo una riflessione più profonda sul rapporto tra cibo, identità e cultura.